Una pena di quattro anni di reclusione ad Antonio Rosario D’Avino condannato per aver causato la morte di Gennaro De Falco
Somma Vesuviana – All’esito dell’udienza di oggi, martedì 11 luglio 2023, in Tribunale a Nola, il giudice dott. Martino Aurigemma ha inflitto la pena di quattro anni di reclusione ad Antonio Rosario D’Avino, quarant’anni, di Somma Vesuviana, accusato e ora anche condannato per aver causato con una sciagurata condotta di guida – correva in pieno centro abitato come fosse un’autostrada e ha effettuato un sorpasso a dir poco azzardato, oltre che vietato dalla linea continua – il tragico incidente costato la vita all’incolpevole operatore ecologico Gennaro De Falco, 64 anni, anche lui di Somma Vesuviana, che era intento a svolgere il suo lavoro. L’imputato, che ha scelto il giudizio abbreviato, ha potuto usufruire dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito alternativo, ma l’entità della condanna non gli consentirà il beneficio della sospensione condizionale: è pressoché scontato che il suo difensore, in alternativa al carcere, richieda l’affidamento ai servizi sociali. Al quarantenne è stata altresì comminata la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per quattro anni. Il giudice inoltre ha stabilito una provvisionale per il risarcimento delle parti offese che andrà poi definito in sede civile: tra loro anche il fratello della vittima Andrea il quale, attraverso il consulente dott. Vincenzo Carotenuto, per essere assistito e ottenere giustizia si è affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e si è costituito parte civile al processo tramite l’avvocato Vincenzo Cortellessa del Foro di Santa Maria Capua Vetere.
L’incidente è successo il 26 aprile 2022 nella stessa Somma Vesuviana ed è stato ricostruito dall’ingegner Gerardo Mirabelli, il Consulente Tecnico d’Ufficio incaricato dal Pubblico Ministero della Procura di Nola titolare del relativo procedimento penale, la dott.ssa Patrizia Mucciacito, di accertarne dinamica, cause e responsabilità e che si è avvalso anche dei filmati delle telecamere di video sorveglianza di un’abitazione nei pressi, che hanno ripreso tutto. Alle 4.30 De Falco, come ogni mattina, si trovava alla guida di un autocompattatore Renault Maxity per la raccolta dei rifiuti dell’azienda “Igiene Urbana Evolution Srl”, per la quale lavorava, assieme ad un collega seduto sul sedile del passeggero, e procedeva su via Santa Maria del Pozzo, una strada comunale. Giunto a cinquanta metri dal civico 109, dovendo imboccare una piccola traversa sulla sinistra, il sessantaquattrenne ha rallentato fino a raggiungere una velocità di 20 chilometri all’ora e ha iniziato la manovra di svolta.
E’ allora che dalle sue spalle è sopraggiunta come un missile la Mercedes Classe A dell’imputato, che non solo viaggiava “a una velocità compresa tra i 118 e i 128 Km/h, a fronte di un limite di 50”, scrive il Ctu nella sua perizia cinematica, ma nell’intento di superare l’autocompattatore ha anche invaso la corsia opposta, in barba alla striscia continua, non avvedendosi che il mezzo operatore stava girando. L’impatto tra i due veicoli è stato tremendo. La Mercedes, dopo aver travolto violentemente il mezzo di controparte, è finita contro un cancello in ferro di una proprietà, ma la peggio l’ha avuta l’autocompattatore, che si è addirittura ribaltato sul fianco sinistro, quello su cui si trovava il conducente, che purtroppo è rimasto schiacciato ed è deceduto sul colpo per le gravissime lesioni cranico-toraciche riportate, con emorragia cerebrale, fratture costali multiple e contusioni polmonari, come accertato dal medico legale cui è stata affidata l’autopsia: gli accertamenti tossicologici hanno peraltro escluso qualsiasi assunzione di alcol e droga da parte di Gennaro De Falco, la sua condotta, di guida ma anche lavorativa, è stata integerrima. Il suo collega e l’automobilista invece si sono salvati.
Nessun dubbio da parte dell’ing. Mirabelli nell’attribuire le cause del drammatico sinistro “in via esclusiva alla condotta fortemente imprudente e negligente tenuta dall’indagato – prosegue il Ctu -, il quale aveva tutte le oggettive possibilità, in termini di visuale e visibilità, di poter percepire in tempo utile il rallentamento che il conducente dell’autocompattatore che lo precedeva stava mettendo in atto per effettuare la svolta”. Anche il fatto che il mezzo operatore avesse “le luci posteriori regolarmente attivate e il lampeggiante superiore acceso avrebbe dovuto imporgli la necessità di rallentare sensibilmente la propria corsa e di non effettuare in velocità, invece, la manovra di sorpasso in pieno centro urbano, in un tratto di strada dove peraltro era vietato occupare la corsia opposta per la presenza di striscia continua di mezzeria (…) e della larghezza complessiva di soli 6,40 metri. L’indagato ha provato ad operare un sorpasso a velocità elevatissima in un corridoio di asfalto di una larghezza stimabile in non più di 2,3-2,4 metri” conclude il perito, elencando infine la sfilza degli articoli del codice della strada violati dall’automobilista.
Di qui la richiesta di processo per Antonio Rosario D’Avino accusato di aver causato la morte di De Falco “per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e in violazione delle norme della circolazione stradale” per citare l’atto del magistrato. “Fatto avvenuto per esclusiva imperizia del D’Avino, che ometteva di comportarsi in maniera perita, occupando la corsia opposta (contro il divieto di oltrepassare la striscia continua), viaggiando a una velocità estremamente significativa, compresa tra i 118 e i 128 km/h a fronte di un limite pari a 50 km/h, non adeguando la propria condotta in maniera prudenziale alle condizioni della strada (prossima a edifici) e tale da non costituire pericolo per la circolazione e per i pedoni, con violazione degli articoli 40, 140, 141 e 142 del Codice della Strada” riassumeva e concludeva la dott.ssa Mucciacito nella sua richiesta di rinvio a giudizio. Si è così arrivati al processo e alla condanna odierna che rende almeno un po’ di giustizia ai congiunti della vittima, anche se nessuna pena sarebbe mai stata commisurata a ripagare la loro immensa e ingiusta perdita.
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