TRA RITI E MITI – Tutta la Pasqua sotto il Vesuvio, tra sacro e profano. Ecco cosa fare
Uova di cioccolato, casatielli, salumi di ogni specie: sta arrivando la Pasqua, ed ogni anno la Campania è in festa, con le sue tradizioni secolari. Dalla costiera Sorrentina a quella Amalfitana, da Acerra a Somma Vesuviana lunghi saranno i cortei degli incappucciati e dei battenti vestiti di bianco per la Madonna dell’Arco.
A Somma Vesuviana, l’antico borgo del Casamale custodisce tra le mura Aragonesi una serie di riti molto sentiti dalla popolazione. Il Giovedì Santo, le quattro confraternite locali danno vita a tre cortei di “assaccati” che, muniti di fiaccole visitano i cosiddetti Sepolcri delle Chiese principali, pregando sugli altari addobbati di steli di grano. Il Venerdì Santo, va in scena la via crucis del Cristo Morto, tra struggenti melodie sacre. La tradizione della processione risale al 1630: furono gli spagnoli ad introdurre questo rito cerimoniale. Alla luce delle fiaccole, gli incappucciati sfilano per le vie del paese, seguiti da giovani e anziani. Al tramonto, sulle note della marcia funebre di Chopin, la statua della Madonna Addolorata si affaccia sulla Collegiata di Santa Maria Maggiore per manifestare il proprio dolore.
A Sant’Anastasia famosissimi sono i battenti, o “fujénti” (etimologicamente “coloro che corrono”) che ogni anno, nella giornata di Pasquetta si riuniscono insieme ad una moltitudine di gente proveniente da altre località campane, per raggiungere il santuario della Madonna dell’Arco, dando vita a scene spesso pietose: pianti, urla, convulsioni. I battenti sono coloro che durante la settimana santa, in particolare il venerdì, si percuotono il corpo con l’ausilio di flagelli e formelle di sughero chiodate. I Fujènti, invece, non sono difficili da riconoscere: otre al suonare di trombe e tamburi della processione, si distinguono per la loro veste bianca accompagnata da una fascia trasversale azzurra; camminano a piedi nudi o a volte sulle ginocchia e alzano stendardi raffiguranti l’effigie della Vergine.
Anche Pollena Trocchia, il Venerdì Santo è illuminata dalla Via Crucis Vivente, che ogni anno richiama i fedeli a ripercorrere il dolore di un uomo e della sua croce, simbolo di una fede cristiana e cattolica. Nella Chiesa di San Giacomo Apostolo già dalle 16 tutti i partecipanti sono pronti a prendere il loro posto tra i fedeli, a rivivere l’adorazione della Croce, il processo, fino all’ultimo cammino di Gesù.
Famose nella penisola sorrentina sono quella di Sorrento, Piano di Sorrento e Vico. A Sorrento ci sono sono due processioni: la Processione Bianca e la Processione Nera, denominate così per il colore delle tuniche e del cappuccio delle due confraternite protagoniste. La via crucis è accompagnata da canti di Chiesa e dagli stendardi dei “misteri”, simboli della passione di Gesù. La processione bianca, deli incappucciati vestiti con un saio bianco, avviene nella notte del Giovedì e simboleggia il vagare della Madonna alla ricerca del figlio Gesù. La seconda avviene il Venerdì notte; il vestito degli incappucciati e il vestito di Maria è nero, e simboleggia la crocifissione e la morte di Gesù. A Piano di Sorrento si svolgono due processioni con il saio rosso, mentre a Vico Equense con il saio viola.
Spostandoci sulla costiera amalfitana, ricorrenti sono le processioni di Amalfi e Minori. Ad Amalfi, gli incappucciati con le loro fiaccole illuminano il Duomo ai piedi del Cristo portato in processione. Minori è illuminata da fiaccole di Battenti in processione, vestiti di bianco e cinti da funi di canapa. Cantano in differenti toni, detti “e vascie” (di sotto) e “e ncoppe” (di sopra), che ricordano la presenza di due confraternita, una in pianura, l’altra in collina.
A Sarno, le origini sono molto più antiche. Risale al 1200 la Processione delle Croci e dei Paputi. All’alba del venerdì santo, gruppi di penitenti con il cappuccio bianco, portano una croce sulle spalle, simbolo di purificazione spirituale. Il termine Paputo deriva dal latino “pappus”, vecchio, che risorge facendo morire i peccati.
Ad Acerra sono circa 1000 i figuranti che partecipano all’attesissimo evento, che si perpetua da più di un secolo. I figuranti rappresentano la passione e la Morte di Cristo, intrecciando storia, religione, cultura popolare. Il corteo parte nel primo pomeriggio da Piazza Castello, dove avviene l’incontro tra le statue dell’Addolorata, seguita dalle pie donne e del Cristo Morto, deposto dalla croce, il tutto tra canti e lamenti. La processione riproduce otto scene della passione.
Le processioni del Giovedì Santo sono accompagnate dal rito della lavanda dei piedi (molto diffuso tra Pollena Trocchia, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia) che caratterizza la Messa in Coena Domini. La lavanda dei piedi è un gesto ripreso dal Vangelo di Giovanni: Gesù, durante l’ultima cena, si alzò da tavola, depose le vesti, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito si mise a lavare i piedi degli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto. Nel mondo antico si camminava su strade sporche indossando dei sandali, e il gesto della lavanda dei piedi era segno di umiltà e ospitalità.
Ilaria Guardasole
I commenti sono chiusi, ma trackbacks e i pingback sono aperti.