Tesoro dell’umanità, gli Scavi di Ercolano non decollano come ricettore turistico
Ercolano val bene una visita. I suoi scavi, meno noti di quelli di Pompei, sono un piccolo tesoro di archeologia che dal 1997 entra a far parte a pieno titolo dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. La città, come altre del Vesuviano, fu sommersa dalla terribile eruzione del 79 d.C. e restò una leggenda fino al suo ritrovamento, avvenuto per una fortunata coincidenza. All’inizio del Settecento, un contadino di nome Ambrogio Nocerino, detto Enzechetta, si imbatté per caso in alcuni marmi preziosi durante i lavori di ampliamento di un pozzo che serviva per l’irrigazione del suo orto. Le operazioni di scavo si sono susseguite nei secoli con un solo comune denominatore: riportare alla luce i fasti di un’antica civiltà, sommersa dalle ceneri del Vesuvio. Eppure, i lavori di recupero dell’intera area archeologica restano incompiuti: su 47 siti presenti, sono ben 26 quelli ancora chiusi al pubblico. I cantieri restano perennemente aperti, con tanto di cartelli di lavori in corso: l’accesso ai siti, naturalmente, rimandato a data da destinarsi. E anche l’apertura dell’Antiquarium costruito negli anni Settanta, grazie ai fondi della Cassa del Mezzogiorno, resta un miraggio: avrebbe dovuto contenere reperti di inestimabile valore e bellezza che però sono chiusi nelle casse d’imballaggio, sottratti alla vista del pubblico. Intanto, se un museo resta chiuso, un altro è stato aperto nel 2008: il Museo Archeologico Virtuale. Grazie alla tecnologia e alla grafica 3D, l’antica città di Ercolano rivive nel presente. Un piccolo passo avanti, certo. Nell’attesa che alle parole “lavori in corso” si possa sostituire la parola “fine”.
Imma Solimeno
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