«Stop all’apologia dei clan», proposta di legge per punire chi rende eroi i camorristi: l’atto depositato alla Camera ma “l’ufficio legislativo non lo sblocca»
Una proposta di legge per introdurre nel codice penale il reato specifico di“apologia della criminalità organizzata”. Un modo per fermare le pericolose mode con cui, soprattutto sui social ma non solo, i camorristi e gli atteggiamenti criminali diventano eroi agli occhi del pubblico. Peccato che la proposta sia ferma in un cassetto dell’ufficio legislativo della Camera dei Deputati da circa un anno e mezzo. A presentarla è il deputato dell’Alleanza Verdi Sinistra Francesco Emilio Borrelli.Già da consigliere regionale, nel 2021, Borrelli provò a presentare questa proposta con un Pdl da presentare al Parlamento che però non arrivò mai all’esame dell’assemblea campana. E sembra che la stessa cosa stia accadendo anche alla Camera.
L’idea fu ripescata da Borrelli all’inizio del 2023 quando esplose per qualche settimane la moda di vestirsi come Matteo Messina Denaro, arrestato poche settimane prima. «L’ufficio legislativo non dà l’ok per portare all’esame del Parlamento la mia proposta. Tornerò subito alla carica chiedendo spiegazioni sul perché l’iter è ancora bloccato dopo tutto questo tempo», annuncia Borrelli.
L’idea di Borrelli (sopra nella foto) è quella di aggiungere un articolo al 414 del codice penale dove è previsto il reato di istigazione a delinquere. La proposta è quella di introdurre l’articolo 414 ter, in cui l’apologia di criminalità organizzata diventa un reato a sè, aggravante della semplice istigazioni a delinquere. È già accaduto per il 414 bis per l’ “istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia”. Come si legge nella proposta di legge di Borrelli, l’idea è quella di prevedere «la reclusione fino a tre anni per chi, mediante spettacoli pubblici o la diffusione di testi o produzioni audio o video o attraverso i social network o qualsiasi mezzo telematico, inneggia a persone o fatti legati alla criminalità organizzata ed alla criminalità mafiosa o denigra persone distinte per attività di qualunque tipo contro la criminalità organizzata». E ancora, nel testo si legge: «Alla stessa pena soggiace chi promuove o finanzia od esegue l’edificazione di manufatti o di installazioni murarie o similari inneggianti persone o fatti legati alla criminalità organizzata o alla criminalità mafiosa».
L’obiettivo
La proposta di legge mette nel mirino soprattutto i social network. D’altronde è da tempo che anche il capo della Procura di Napoli Nicola Gratteri lancia l’allarme su un certo uso di alcune piattaforme social, a partire da TikTok che ha definito, in una delle ultime uscite «vetrina delle mafie». È Borrelli stesso a spiegare quali modelli vuole combattere con il 414 ter: «Si va dalla costruzione di altarini e monumenti in memoria di persone legate alla malavita organizzata o mafiosa, ai messaggi sulle piattaforme social. Non meno significativi sono i testi di alcune canzoni di qualche cantante neomelodico con messaggi di esaltazione della malavita o che denigrano persone che lottano contro la criminalità, a partire dai pentiti». Per il deputato si tratta di «episodi di vera e propria apologia della criminalità. Fatti che però non configurano alcuna fattispecie di reato o aggravante previsto dall’impianto normativo penale. Così – chiosa Borrelli – l’indignazione, la condanna mediatica, la stigmatizzazione, l’allarme sociale sono le uniche concrete conseguenze che si registrano».
I commenti sono chiusi, ma trackbacks e i pingback sono aperti.