Somma Vesuviana: “L’assassino sparò ai due fidanzati 6 colpi di pistola”
C’è un settimo colpo nella vecchia Beretta ripescata nel laghetto del parco di San Valentino dai carabinieri-sommozzatori. Ed è in canna. Potrebbe essersi inceppato mentre il killer scaricava la sua semiautomatica 7,65 contro Trifone Ragone e Teresa Costanza. Ma c’è anche un’altra possibilità: che il giustiziere dei fidanzati possa averlo tenuto per difendersi nel caso fosse stato scoperto durante l’agguato.
Giosuè Ruotolo, di Somma Vesuviana, commilitone ed ex coinquilino di Trifone Ragone, è sospettato di essere l’autore del duplice delitto del 17 marzo. Gli investigatori hanno ora la certezza che l’autore del duplice delitto si è avvicinato all’auto delle vittime con sette colpi a disposizione e ne ha sparati sei da distanza ravvicinata. Il caricatore, monofilare, quando è stato recuperato nel laghetto era privo di munizioni. Il settimo colpo – compatibile con i 7,65 Geco che hanno ucciso i fidanzati – è stato ritrovato l’indomani, quando i sub hanno trovato il resto dell’arma. Sulla provenienza della pistola non ci sono ancora indicazioni. La vecchia Beretta, una leggera e maneggevole 7,65 concepita per gli ufficiali di seconda linea e successivamente riconvertita per uso civile, nonostante sia così datata ha una matricola, come tutte le pistole che all’epoca uscivano dalla fabbrica d’armi Pietro Beretta. Come se la sia procurata l’autore del duplice delitto resta un mistero. Ce l’aveva in casa qualche parente? È un’arma ereditata da qualche nonno ufficiale del Regio esercito? Gli accertamenti sulla pistola si sono spostati a Somma Vesuviana, dove vive la famiglia del caporale Giosuè Ruotolo, il ventiseienne del 132° Reggimento carri sospettato di aver ucciso i fidanzati e raggiunto da un avviso di garanzia per duplice omicidio e porto abusivo di armi. Il giovane è incensurato e privo di porto d’armi.
Ma il padre detiene in casa armi regolarmente denunciate. Ed i carabinieri gliele hanno ritirate proprio in considerazione della gravissima ipotesi di reato per la quale è stato indagato il figlio. La detenzione di armi nell’abitazione di via Fornari, a Somma Vesuviana, era infatti diventata incompatibile con quella del giovane militare. Nel frattempo il ventiseienne, che continua a dichiararsi estraneo al delitto e si dice sicuro di poterlo dimostrare, ha lasciato la casa paterna per sfuggire all’assedio delle telecamere. Ed ha trovato riparo nella casa di campagna assieme al fratello. Uno dei suoi avvocati, Roberto Rigoni Stern, è sempre più orientato a chiedere alla Procura l’interrogatorio di Giosuè Ruotolo. Domani, al termine di un colloquio con il giovane, la decisione. La sua istanza verrebbe accolta immediatamente dai sostituti procuratori Pier Umberto Vallerin e Matteo Campagnaro. Se a muovere questo passo sarà invece la Procura, dovrà farlo notificando a Ruotolo un invito a presentarsi con formulato l’incolpazione: in questo caso il giovane ha diritto di avere a disposizione tre giorni, oltre a un quarto per il viaggio. Il procuratore Marco Martani non nasconde che l’interrogatorio sarà un passaggio doveroso, previsto per la prossima settimana. «Voglio precisare che le tracce biologiche repertate sull’auto – spiega Rigoni Stern, che difende Ruotolo assieme a Giuseppe Esposito e Giovanna Lacorte del Foro di Nola – non sono riconducibili a sangue e dovranno essere analizzate in laboratorio».
Per questo accertamento la difesa sta per nominare un genetista. Rigoni Stern dice che caporale «sta gestendo questa situazione con grande maturità. Contiamo di dimostrare presto la sua estraneità e il fatto che sia a piede libero per un reato gravissimo denota la serietà con cui si muovono i pm».
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