(REPORTAGE) Gladiatori e campioni vesuviani. Pesce, Cefariello e Marotta: muscoli, cuore e determinazione delle arti marziali sotto il Vesuvio

Gladiatori vesuviani. Combattenti nati sotto le falde del vulcano e devoti alla filosofia del vietato mollare. “Pitbull in gabbia” pronti a schivare e incassare sul ring, così come nella vita di tutti i giorni, i colpi, non sempre diretti, dell’avversario, per essere pronti ad affondare il gancio del KO.

AndrewSarnoLe arti marziali miste sotto il Vesuvio hanno le braccia, la forza e la determinazione di Vittorio Marotta, fighter porticese di 26 anni: 1 metro e 83 cm di altezza per 68 kg di muscoli e potenza. Da dilettante, ex campione italiano della categoria medio-massimi; e, da professionista, vincitore del Combact League di Verona, prima di essere la stella, purtroppo solo per spettacolarità, a causa di due sfortunati infortuni, del torneo Venator di Bologna, in programmazione, nello scorso anno, su Sky Sport; e avvicinatosi al mondo delle arti marziali per una “sfida di vita”: “A 16 anni caddi dal tetto di un palazzo, riportando una gravissima lesione al muscolo e al nervo del mio braccio sinistro. Il medico mi disse che non avrei più potuto fare sport. Al tempo giocavo a Basket, ma le parole del dottore non mi scoraggiarono; e così dopo mesi di riabilitazione, vedendo i progressivi miglioramenti del mio corpo, pensai alla possibilità di praticare uno sport dove l’uso delle braccia fosse fondamentale. Dapprima pensai al pugilato, poi mi rimasi colpito dall’MMA, prima da spettatore e poi da lottatore. L’MMA è un continuo mettersi alla prova che suscita emozioni, ogni volta, diverse. Quando combatto non vedo un avversario. E’ come se di fronte avessi me stesso. Ed è questo che mi permette di combattere la paura, l’ansia e il timore pre-match. Di trovare gli stimoli che mi permettono di continuare quando non c’è più fiato; e di rialzarsi dopo le botte, quando l’arbitro inizia il conteggio. E’ una disciplina complicata. Non è da tutti prendere un calcio e un pugno e continuare a colpire”.

ASStudente della Facoltà di Scienze politiche, con una passione attiva per la politica e con alle spalle tanto Associazionismo e volontariato, Vittorio Marotta, da circa due anni, gestisce una palestra di sport di combattimento a Portici: “Non è stato facile portare in provincia di Napoli l’MMA, sebbene anche qui in Italia sia uno degli sport che più sta crescendo economicamente per la sua capacità di attirare sponsor e pubblico. E’ chiaro che viene visto ancora come uno sport minore, violento. E bisogna combattere contro i pregiudizi anche di chi associa questo sport a valori, in apparenza, destrorsi e un po’ fascisti; nonostante nasca senza alcuna estrazione sociale e politica. Mettendo da parte le apparenze, c’è molto di più. C’è ricerca di fiducia; determinazione; spirito di sacrificio e, soprattutto, di squadra. C’è un team dietro pronto a sostenerti. La verità è che se si è da soli, in queste discipline non si va da alcuna parte”.

AS STUDIOSLe arti marziali vesuviane hanno le gambe, la mente e i sacrifici di Luca Falco Cefariello, il ragazzo della periferia di Portici arrivato, persino, a solcare i prestigiosi ring del Maxi Muay Thai in Thalandia, ed ora socio di Marotta nella palestra di viale Alemagna. 25 anni per 65 kg di nervi ed esplosività, il vulcanico combattente rappresenta uno dei “gioielli” di casa nostra nella disciplina del Muay Thai. “Ho provato tardi l’ebbrezza del primo match; e da quel momento sono rimasto assuefatto dall’adrenalinica sensazione dell’incontro. Ho subito capito che io sono questo: sono questo sport. E non vi è alcuna idea di primeggiare, ma solo di volersi mettere alla prova. Di andare avanti coi giorni di dieta. Di resistere alle ansie e alle paure del pre-gara. Di schivare colpi e rialzarsi nei momenti di difficoltà”.

La rapacità e l’istinto di Luca si abbinano a straordinarie abilità tecniche e ad un attento studio dell’avversario: “In questo sport bisogna essere soprattutto intelligenti. Il solo istinto porta agli errori. La verità è che le arti marziali mi hanno salvato. Provengo da un quartiere “difficile” di Portici: certamente, non è Scampia, o Il Rione Traiano, ma diversi amici, nel tempo, hanno intrapreso strade diverse dalla mia. Ecco, lo sport mi ha tenuto lontano da queste strade, cambiandomi caratterialmente. Sul ring combatti con una persona che è al tuo pari; che si è allenata quanto te; e che, molto probabilmente, ha le tue stesse motivazioni. Sembra paradossale ma la Muay Thai ti educa alla cultura della non-violenza: o meglio al non prendersela con chi non può”.

Sergio PEsceIl cuore di un fighter vesuviano resta per sempre intrappolato nell’amore per la gabbia, il cui fascino non lascia scampo a chi, almeno una volta nella vita, ha assaggiato l’emozione di salire sul ring di MMA. Quello di Sergio Pesce, 41enne di Ercolano, che nella città degli Scavi, oltre a promuovere numerose iniziative contro il bullismo e la violenza sulle donne, dirige una palestra di Mixed Martial Art, è ancora “ingabbiato” nelle intriganti emozioni che solo il full-contact può suscitare: “L’approccio alle MMA, dopo anni di Tae Kwon Do e Hai ki do, anche negli States, è nato un po’ per curiosità ed un po’ per completare un percorso di vita. Quella gabbia è sempre stata per me un oggetto misterioso, e così ho deciso di partecipare al più grande torneo mondiale di arti marziali della storia: quello organizzato dalla Wka/Wtka a Massa Carrara con la partecipazione di ben 23 federazioni mondiali. 3 giorni di gare eliminatorie, ed alla fine mi son ritrovato a disputare la finale, vincendo contro ogni pronostico. Da lì, ho cominciato a credere ancor di più in me stesso, tanto da recarmi ogni mese a Roma dal maestro Verginelli per completare la preparazione. Ho partecipato al Torneo del Dragone a Bordeaux nel 2015, ed ai mondiali di Stoccarda, targati Ico, dove ho avuto l’onore di perdere solo contro il leggendario Inglese Neil Kelly. Ed infine, grazie al presidente Alessandro Cecchini, ho avuto la possibilità di combattere per il titolo mondiale pro vacante, nel dicembre 2015, vincendolo. Ora alla soglia dei 42 anni mi dedico all’insegnamento, ma con un occhio anche ai Campionati europei di Roma. Mbeh, forse un pensiero lo farò…

Foto di Andrea Sarno

Articolo a cura di Dario Striano

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