“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire.” – con questa frase ripresa da Voltaire, comincia la manifestazione del 27 Novembre, indotta dai ragazzi del liceo Flacco, una delle scuole più prestigiose del territorio vesuviano.
Questa mattina, una parte degli alunni del liceo, si è riunita fuori la scuola protestando e manifestando, affinché sia cambiato il provvedimento preso da Iolanda Giovidelli, dirigente della suddetta scuola, e dal consiglio di classe nei riguardi di C.P., studentessa sospesa per una settimana, senza obbligo di frequenza, in seguito ad un post scritto su Facebook.
Gli studenti sono stati raggiunti in assemblea plenaria anche dai ragazzi del liceo Silvestri. Affermano che ciò che rende più grave la sospensione è il mancato diritto alla parola e la mancata libertà d’espressione della ragazza, che non ha avuto modo di esprimere le motivazioni di tale commento. Hanno così fatto girare una petizione, in cui hanno raccolto le firme degli studenti, per chiedere un tavolo aperto di discussione con i docenti e la dirigenza su tale episodio. “Vogliamo risposte. Parlano di punizione educativa, ma che educazione c’è nell’allontanare una ragazza per sette giorni dalla propria scuola?”
Il padre, avvocato, ha presentato due istanze in presidenza, in una chiedeva la revoca della sospensione, nell’altra, nel caso in cui non dovessero prenderla in considerazione, chiede una sospensione del provvedimento. Anche se, tiene a precisare che non acconsente ai modi in cui si è sviluppata la manifestazione, né al contenuto del post. “È un post pubblico, chiunque poteva commentare, sia in positivo sia in negativo. Si sarebbe dovuta tenere in considerazione l’opportunità di convocare la ragazza e chiederle le motivazioni di tale commento acerbo, mettendola così in un angolo.” – così dichiara il padre.
Forti i toni usati dalla dirigente Giovidelli, anche contro i giornalisti e pronta a replicare: “State cavalcando l’onda, ma quest’onda che state cavalcando deve avere un punto. Questa cosa che sta succedendo ci sta facendo male moralmente, non per altro. Noi siamo professionisti e fieri di lavorare, con una passione verso il nostro lavoro. Sicuramente la nostra professionalità non si scalfisce sui social media.”
“Il padre della ragazza ci ha minacciati di chiamare la stampa, e così ha fatto. Si sta offendendo la dignità professionale delle persone. La preside ha delle procedure legali da seguire, la scuola si dota di un codice di disciplina, che è stato approvato l’anno scorso dal consiglio d’istituto, un organo costituzionale del quale fanno parte i genitori, gli alunni e i ragazzi. In esso si parla di offesa al dirigente e all’immagine della scuola, e per essi la norma prevede da uno a quindici giorni di sospensione. Abbiamo seguito un iter legale e i docenti, non solo la preside, hanno deciso.” – continua.
Inoltre tiene a precisare che l’uso dei social che ne fanno questi ragazzi è spropositato, e infatti proporrà un corso a scuola sull’utilizzo moderato di essi. Inoltre, continua affermando che una convocazione sarebbe stata inopportuna, siccome non è una situazione che ha bisogno di indagini, né di sentire ragioni, date le prove concrete.
Continua “Io non ce l’ho con la ragazza, so che ha anche riconosciuto il proprio errore. Lei è stata strumentalizzata da un gruppo di amici, essendo una preda facile, e anche dal padre. In questo caso non si poteva applicare una punizione formativa, come è successo in passato, presso associazioni di volontariato. Si tratta di una punizione educativa, e i ragazzi devono prendersi anche delle responsabilità.”
Ilaria Guardasole
I commenti sono chiusi, ma trackbacks e i pingback sono aperti.