Nelle sale “Caracas” il film di e con Marco D’Amore e Toni Servillo: amore, odio e fede in una Napoli multietnica solo nel “quadrato” della Ferrovia
“Solo Napoli poteva partorire un figlio così tormentato”. Come potremmo nutrire qualsiasi speranza sul nostro futuro se lo conoscessimo già…. Bestemmia e grida, squarci di luce nella notte. Sudore, rumore. Amore che è furia e non ha nome. È amore per Dio, poi chiamalo come vuoi tu, Allah o come nei vicoli dietro la ferrovia, anche Gesù.
Caracas di e con Marco D’Amore è una storia che rimane sempre sospesa tra incubo e memoria. E’ una storia nelle storie che si rincorrono intorno a una traccia importante, “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea, che se c’è (e c’è eccome) non sovrasta, né segna troppo la scena che qui è curata benissimo come le musiche e la fotografia. La macchina da presa, anche quando si muove veloce, riprende le sequenze del teatro. I tre protagonisti della storia (Napoli, Marco D’Amore e Toni Servillo) stanno sul palcoscenico e lo spettatore non resta nella sala.
Caracas (e vedere in prima fila alla prima per la stampa allo Space di Fuorigrotta, quel genio garbato e ribelle di Luciano Stella, è una garanzia) non è il solito film su Napoli. Non è la solita storia presa a prestito da un pezzo di un libro importante e non solo per non correre il rischio del confronto. Caracas è un racconto per immagini, musica e trasporto di una Napoli che non ti aspetti. Non sono d’accordo però che quella Napoli può essere qualsiasi Sud del mondo, Caracas anche quando s’è sforzato non c’è riuscito ad essere banale e la storia di Bahia, San Paolo e gli altri Sud associati a Napoli è di una banalità atroce. Non fastidiosa come la puzza di popcorn quando entri nelle multisale e nemmeno quanto il chiacchiericcio dei colleghi o le domande dei giornalisti che dovrebbero essere sempre più brevi delle risposte e finiscono per essere romanzi.
Caracas è un film che va visto. E’ crudo quanto basta anche se non perde mai il filo della dolcezza, rispecchiata negli occhi intensi dei protagonisti che D’Amore riprende bene nei primi piano e nei riflessi delle pozzanghere. Sì perché la Napoli di Caracas è sporca, unta, puzzolente, pericolosa. Marco D’Amore ha dimostrato di aver imparato le lezioni e dirigere Servillo, per anni suo maestro a teatro, è stato il battesimo del fuoco. Toni Servillo, tra i più professionali attori internazionali tra cinema e teatro, non lo dirigi. Toni Servillo lo indirizzi, gli segni la rotta e lui, il maestro disegna la scena anche quando non parla e sta fermo. Toni Servillo è Giordano Fonte, Marco D’Amore è Caracas. L’esordiente Lina Camelia Lumbroso è Yasmina. Tutt’intorno, dentro e fuori ci sono la fede, la politica, la violenza, la sopraffazione, l’amore. Passeggeri importanti del viaggio che qui è all’insegna dell’ospitalità e senza sole. In Caracas finalmente si ha il coraggio di far vedere Napoli senza il sole delle cartoline.
Caracas è un ospite, Giordano altrettanto. Anche Napoli è ospitata dentro le vite di chi la consuma tutti i giorni. Se tifi per Gesù, Allah o Maradona, qui è lo stesso. Stai negli inferi o perché ci sei nato o perché ti ci hanno mandato e risali la china o muori con un coltello nella pancia o un ago in un braccio.
Caracas non diventa fascista e poi musulmano per ideologia. No. Lo fa perché vuole sentirsi parte di una cosa più grande. Non vuole sentirsi solo ospite ma appartenere: far parte di qualcosa che una volta è l’estrema destra fascista napoletana e l’altra la conversione all’Islam. Marco D’Amore che in Caracas fa meglio il regista che l’attore, lo spiega bene alla stampa. “Napoli non è un luogo fisico. E’ un umore”. Qui Napoli suda, ruggisce e s’addormenta. Non è la solita Napoli della camorra e non è la solita Napoli, anche nelle location set. Ci sono il Vasto e la Ferrovia, piazza Garibaldi e la Pignasecca. Perché diciamoci la verità Napoli è multietnica in compartimenti stagno e il nonsense della Moschea a pochi passi dalla sezione storica di Forza Nuova non spaventa nessuno, basta relegare tutto e bene (o quasi) a prima di Piazza Borsa. “E’ la città che spinge la gente. La muove, la indirizza”, spiega D’Amore cresciuto bene dopo Gomorra.
Servillo è memorabile, non scimmiotta il protagonista di Rea, anzi. Lo fa suo, lo elabora e gli da un’aria nuova. E su tutto il discorso musica qui è fondamentale. Dove si ferma il parlato, c’è il sonoro che accompagna i primi piano delle facce della gente che sta a Napoli, proprio dalle parti della Ferrovia. Le musiche sono state affidate a Rodrigo D’Erasmo che ha creato un altro protagonista. Ecco qui, ogni singolo pezzo dell’orchestra ben diretta da D’Amore, ha una vita a sé. È una vita a sé. il film è prodotto da Picomedia, Mad Entertainment e Vision Distribution in collaborazione con Prime Video e Sky, distribuito da Vision Distribution. “Il bello della vita è proprio questo: ignorare che cosa accadrà domani” parola di Giordano Fonte.
Paolo Perrotta
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