Villa Fernandes, l’ex residenza del boss Rea, sottratta alla criminalità organizzata e restituita ai cittadini nel 2015, dopo anni di incuria e degrado, potrebbe essere coogestita, per almeno 10 anni, da Seme di Pace: cooperativa che aveva partecipato, assieme ad altre 2 associazioni, al vecchio bando di gara per la gestione del bene confiscato, poi annullato, non senza polemiche, lo scorso Ottobre 2016.
Con deliberazione n° 18 del 14 Febbraio 2017 ad opera del commissario straordinario, il prefetto Roberto Esposito, il Comune di Portici ha, infatti, accolto la richiesta della Coop. Soc.” SEME DI PACE”, nella qualità di capofila di un raggruppamento di oltre 20 enti del terzo settore, concedendo la partnership dell’ente per la partecipazione al bando, indetto dalla FONDAZIONE CON IL SUD, “per la valorizzazione dei Beni Confiscati alle mafie 2016“. Bando che, realizzato in collaborazione con l’associazione Peppino Vismara e scaduto il 15 Febbraio scorso, è rivolto ad organizzazioni no-profit di Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.
L’obiettivo è quello di “sostenere progetti esemplari – si legge sul sito di “Fondazione con il Sud” – per l’avvio di nuove attività di economia sociale o per il rafforzamento di iniziative economiche esistenti su beni confiscati alla criminalità organizzata“. Per l’attuazione dei progetti il bando mette a disposizione, infatti, complessivamente 7 milioni di euro ed è aperto a partnership composte da tre o più soggetti, almeno 2 dei quali appartenenti al mondo del terzo settore e del volontariato. Nei progetti potranno essere coinvolti, inoltre, il mondo economico – e a particolari condizioni anche le imprese, quello delle istituzioni, delle università e della ricerca. I partenariati dovranno dimostrare l’effettiva disponibilità del bene confiscato per almeno 10 anni.
L’eventuale adesione al progetto, che non comporterebbe oneri economici da parte del Comune, nè l’esclusività della gestione – come specificato nella delibera del commissario prefettizio – del bene, prevede, però, l’utilizzo dell’ex residenza del clan Rea da parte dell’ente comunale e della Cooperativa Seme di Pace: soggetto responsabile di un’ampia rete composta da una pluralità di soggetti e rappresentativa di tutti i settori di attività e di tutte le fasce di popolazione della città di Portici; “ma anche – si legge sempre nel documento redatto dal prefetto Esposito – di organizzazioni che, pur non facendo parte del territorio, sono portatori di un know how specifico che la rete stessa ha individuato come utile alla realizzazione del progetto o di buone pratiche di integrazione, di lavoro di rete e di sviluppo locale dei territori“. Tra queste, organizzazioni giovanili; associazioni di volontariato in vari settori (della disabilità, del disagio giovanile, della lotta all’usura); associazioni di promozione culturale, che operano nel settore ambientale, delle discipline scientifiche, della creatività e dell’espressività; Consorzi e Fondazioni che supportano iniziative dei propri aderenti su temi specifici (start up e sostegno alla cooperazione sociale, formazione, inserimento lavorativo, sostegno a processi di sviluppo locale); e parrocchie, in qualità di antenne sui bisogni delle persone e delle famiglie e luoghi di aggregazione e confronto.
La stessa Cooperativa Seme di Pace, la cui sede è ubicata a Via Università, nel cuore pulsante della città del Granatello, aveva già partecipato ad un bando relativo all’affidamento della Villa, assieme ad altre due associazioni: una non del territorio, la Cooperativa Sociale B.C.D Group con sede a San Nicola la Strada (CE); e “l’indigena” Collegamento Campano contro le Camorre per la legalità e la non violenza G.Franciosi Onlus, a cui lo scorso 24 Gennaio è stata, tra l’altro, affidata per 11 anni, prorogabili, la gestione della depandance della stessa Villa Fernandes, già in comodato d’uso da Aprile 2013, con determina dirigenziale 46 firmata dal dirigente al Patrimonio, l’architetto Gaetano Improta.
Bando che, nonostante l’assenza di ricorsi, era stato annullato, con atto determinazione 774, lo scorso mese di Ottobre dal dirigente al welfare, Corrado Auricchio, perchè, per “mero errore, veniva omesso il requisito, stabilito dalla delibera n. 149 del 12 marzo 2016, della certificazione da parte dei concorrenti di aver svolto attività nello specifico campo di intervento per almeno 3 anni sul territorio cittadino”. Tutto ciò aveva scatenato in città una serie di polemiche finite addirittura all’ordine del giorno del parlamento italiano.
I senatori Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino di Sinistra Italiana, infatti, raccogliendo la segnalazione del neonato collettivo locale Portici Città Ribelle, con un’interrogazione parlamentare, avevano ribadito al Ministro Alfano che l’aspetto per il quale era stata annullata la gara era, invece, già presente nel bando che richiamava per intero alla delibera 149 del 12 marzo 2016. “Le offerte delle 3 associazioni partecipanti alla competizione,– si legge nell’interrogazione parlamentare – che ambivano all’assegnazione della struttura per lo svolgimento delle proprie attività sociali, non sono state aperte e sono state restituite ai mittenti, senza che venisse accertato il possesso o meno del requisito oggetto dell’annullamento della gara di affidamento”.
Quella di Villa Fernandes è la storia di un degrado e di un abbandono lunghi 16 anni. Il 17-5-1999 il Ministero delle Finanze consegnava la struttura, confiscata al Clan Rea nel 98 con la sentenza della corte di cassazione del 26 Gennaio, al Comune con l’impegno di adibire l’immobile, una villa in stile Liberty a due livelli, con una depandance e parco annesso di 800 mq, a finalità sociali: “in particolare – come si legge sul verbale di consegna – un servizio sociale rivolto ai minori a rischio con centro studi di formazione per gli operatori del settore, un centro di prima accoglienza e un centro polifunzionale finalizzato al miglior utilizzo del tempo libero.”
Con l’adesione del Comune di Portici al Consorzio S.O.L.E., il 21-10-2003, la struttura veniva affidata all’ente provinciale che si occupa della gestione dei beni confiscati. Dopo i lavori di riqualificazione del 2009, costati all’incirca due milioni di euro, e finiti nel mirino della magistratura in un’inchiesta che vede indagati 23 tra ex amministratori, politici, dipendenti comunali ed imprenditori, la magnifica casa del boss, nel 2011, veniva consegnata, tramite un protocollo d’intesa tra l’Amministrazione Cuomo, la Provincia di Napoli e il consorzio S.O.L.E., alla Curia Arcivescovile di Napoli, che, a sua volta, con un sub-comodato d’uso, affidava il bene all’Associazione la Tenda, impegnata nel recupero dei tossicodipendenti.
Nonostante i vari affidamenti l’abitazione di “Casa Rea” non era mai stata aperta al pubblico; da qui la decisione del consiglio comunale di Marzo 2014 di uscire dal Consorzio SOLE (15 voti favorevoli e 10 assenti): poichè – come si legge nella Delibera di Consiglio – “non si è mai avuto un significativo ritorno in termini di servizi”. Nel Luglio 2015 diventano così più forti e costanti i contatti tra l’Amministrazione Marrone e l’Arcidiocesi di Napoli, che hanno portato, alla riconsegna a Settembre del bene al Comune di Portici e ad una serie di riunioni indette dall’Assessorato alla Legalità per decidere assieme ai cittadini il futuro della struttura.
Dopo le polemiche di fine 2016, dunque, qualora il Comune di Portici e Seme di Pace riuscissero ad aderire al progetto di Fondazione con il Sud, nella Villa, coerentemente con i criteri del bando, potrebbero a breve essere avviate nuove attività “esemplari”: quali quelle imprenditoriali nel settore ristorativo; e ancora iniziative di divulgazione culturale, artistica e scientifica, e laboratori di autoproduzione, di riciclo e di consumo sostenibile.
Dario Striano
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