La Camorra nel Vesuviano: geografia dei clan sotto il Vulcano
Il quadro delineato dall’ultima relazione della DIA ( Direzione Investigativa Antimafia) sulla Camorra napoletana parla di un territorio vesuviano frastagliato da numerosi gruppi criminali. La progressiva migrazione dell’area di spaccio di stupefacenti, dalla Zona Nord a quella orientale di Napoli, ha contribuito all’inasprimento dei conflitti tra clan. Gli affari criminosi delle storiche famiglie di Camorra della zona ai piedi del Vesuvio, dal declino del “professor” Cutolo, appaiono, però, sempre più in crisi.
Nella Periferia Est di Napoli, proprio il crepuscolo di alcuni storici clan malavitosi ha ultimamente acceso i riflettori della cronaca locale su una guerra in corso per il controllo dello spaccio della droga. La zona di Ponticelli, anche dopo il tramonto dei Sarno (ridotti al solo Rione De Gasperi) rappresenta, infatti, la vera roccaforte del traffico di narcotici nell’hinterland vesuviano. Protagonisti della cruenta faida sono, da un lato, gli spietati De Micco, e dall’altro, gli uomini dei D’Amico, capaci di riunire intorno a sé un gruppo di giovani spregiudicati. A San Giovanni, invece, il ridimensionamento del clan Mazzarella, così come quello dei rivali Rinaldi-Reale, ha permesso l’affermazione di una costola del clan Sarno, che non ha condiviso la collaborazione del boss Ciro, detto ’o Sindaco. Il “re” della mala vesuviana resta il latitante, Raffaele Cuccaro, il cui clan, egemone soprattutto a Barra, estende i propri affari, legati alla droga, fino ai territori di Massa di Somma, Cercola e San Sebastiano.
Mentre a Volla è ben saldo il clan Veneruso, a San Giorgio a Cremano, la scissione del Clan Abate ha permesso la creazione di un gruppo autonomo che, forte dell’alleanza coi clan di Barra e San Giovanni, si è imposto nel business delle slot machine e delle estorsioni. Di basso profilo restano, invece, lo storico clan Vollaro, ancora attivo a Portici nell’usura, nel racket e negli appalti; e quelli protagonisti della Faida di Ercolano: da una parte, gli Ascione-Papale; dall’altra, i Birra-Iacomino. Questi ultimi sono addirittura completamente scomparsi dalla cartina della mala vesuviana, redatta dalla DIA: l’aggressione da parte della Giustizia al patrimonio economico ha messo in difficoltà il clan ercolanese nel garantire l’assistenza ai detenuti e nel tutelarsi, dunque, da altre adesioni al programma di collaborazione.
L’eredità di Ciro Sarno a suon di kalashnikov
La Periferia est di Napoli come scenario di una cruenta faida tra clan camorristici. Sarebbe da ricondurre alla sanguinosa guerra tra clan rivali della zona orientale di Napoli il pomeriggio di paura, andato in scena, lo scorso 1 Settembre, a San Giovanni a Teduccio. La via principale della Periferia est napoletana è divenuta “palcoscenico” di una scorribanda armata: due sicari a volto coperto (da caschi integrali), in sella ad una moto, seguiti da due “vedette” su uno scooter, hanno disseminato il panico lungo Corso San Giovanni fino a largo Tartarone, sparando ben trenta colpi di kalashnikov. Fortunatamente l’azione plateale non ha provocato vittime o feriti. Sul selciato gli agenti hanno recuperato una trentina di bossoli; mentre diversi proiettili sono stati, poi, trovati, insieme a un pezzo dello stesso kalasnikov, all’interno di un edificio dell’area denominata “Bronx”, roccaforte dello storico clan dei Mazzarella. Ancora da accertare se la spedizione punitiva avesse come obiettivo l’intimidazione e l’omicidio di qualche affiliato, o sia da ricondursi ad un un’azione dimostrativa ad opera dei clan della zona nei confronti dei gruppi rivali. Per gli inquirenti, però, resta calda l’ipotesi di sodalizi criminali che mirano a “scardinare la resistenza” del clan Mazzarella, in declino dopo i recenti arresti.
Resta preoccupante, nella zona ad est di Napoli, la propensione allo scontro armato da parte di gruppi nemmeno ben strutturati che vogliono imporre la loro leadership scalzando vecchie organizzazioni criminali in difficoltà: il giorno dopo, martedì 2 Settembre, un raid in pieno giorno ha seminato terrore nel quartiere Ponticelli, in Via Vera Lombardi. Sul posto della sparatoria, sono stati trovati 6 bossoli calibro 9 X 21 ed una motocicletta, risultata rubata lo scorso Giugno a Napoli. Secondo gli agenti l’episodio è da collegarsi alla faida in corso tra i Clan D’Amico e De Micco: alle prese con una “guerra di successione” dell’impero, una volta, di Ciro Sarno, detto “‘o sindaco”, vecchio e indiscusso boss della zona, prima della sua collaborazione con lo Stato.
Sotto il Vesuvio, lo sbarco dei clan di Barra?
Tranne i vecchi boss che erano Vesuviani (Giuseppe Orefice, Michele Anastasio, Fiore D’Avino, Mario Fabbrocino e il super boss Raffaele Cutolo), oggi, in quasi tutti i comuni dell’hinterland, a reggere le sorti dell’Antistato ci sono i clan della Periferia ad Est di Napoli. Potrebbe esserci l’ombra della malavita napoletana dietro l’omicidio di Lucio Sannino, gestore di una Macelleria a Portici, e considerato dagli inquirenti “personaggio vicino al Clan Vollaro”. Il 44enne è stato freddato nel suo furgone lo scorso 6 Settembre, poco prima di mezzogiorno, in Via Lamaria Ruospo a Torre del Greco, stradina di campagna attigua a un fondo agricolo, che la vittima aveva da poco acquistato per mettere in piedi un’attività zootecnica. Le indagini della squadra mobile di Napoli stanno “battendo” sulla pista economica: contocorrente e cellulare della vittima sono, infatti, finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, che stanno seguendo la delicata indagine.La memoria del telefonino e i colloqui con la moglie di Sannino, potrebbero risultare utili per capire se il pregiudicato avesse ripreso i rapporti con la cosca porticese di “Luigi ‘o Califfo“, e/o se temesse per la sua vita.
Non è da escludere, dunque, per gli inquirenti l’ipotesi che sull’agguato possa esserci la firma dei clan di Napoli-Est, da tempo attivi nel cercare di espandere i loro affari criminosi sul territorio vesuviano, ed in particolare sul territorio porticese, storica roccaforte del clan Vollaro: sodalizio criminale, decapitato ai vertici in questi anni dalla raffica di arresti che ne ha decisamente indebolito il potere.
Da L’Ora Vesuviana di Settembre 2014.
Articolo a cura di Dario Striano
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