GOOD NEWS – La storia di Pasqua Dente e della sua ricerca della verità
Lei si chiama Pasqua Dente ed è nata a Napoli il 27 marzo 1934. Dall’ospedale “Gli Incurabili”, dove sua madre partorisce alle 10 del mattino, viene trasferita all’Annunziata, nei pressi della stazione centrale della città partenopea, prima di partire per Roma, dove è accudita da una balia di nome Antonia Viola. Resta nella Capitale fino all’età di 6 anni, quando viene adottata dalla famiglia Anastasio e torna così a Napoli. Oggi Pasqua vive a Laichingen, in Germania, da ben 46 anni, e ha cinque figli: Clemente, Antonio, Nunzia, Maria e Domenico. Nonostante i suoi 86 anni, però, non ha smesso di sperare e da sempre custodisce un grande sogno nel suo cuore: conoscere l’identità dei suoi genitori naturali.
«Non so perché – racconta Pasqua, visibilmente emozionata – sia stata portata a Roma da una balia, affinché mi allattasse e si prendesse cura di me. Era un servizio per il quale si pagava, quindi, con ogni probabilità, era mia madre che, costretta a fare questa scelta, si occupava di tutte le spese. Di quel periodo ricordo che giocavo sempre con i due figli della mia balia, un maschietto e una femminuccia. Inoltre, ogni mese arrivava un pacco intestato a me e io andavo con la mia balia in posta a ritirarlo. Di sicuro il mittente era mia madre che, nonostante mi avesse abbandonata, non aveva smesso di pensarmi. All’età di 21 anni, poi, ho ricevuto una lettera da parte dell’Annunziata che mi invitava a recarmi personalmente in ospedale perché c’erano dei documenti importanti che mi riguardavano, una specie di testamento. Ma io, purtroppo, non sono mai potuta andare perché mia madre non mi permetteva di allontanarmi da casa».
Una lunga vita avvolta nel mistero, con una madre molto severa, avara di carezze e sempre pronta a nascondere anche il minimo dettaglio che potesse portare Pasqua a conoscere le sue origini.
«Ho scoperto che sono nata all’ospedale “Gli Incurabili” di Napoli – spiega Pasqua – quando stavo organizzando il matrimonio con mio marito, Salvatore Mazza, perché occorreva il mio certificato di nascita che ho richiesto al Comune. Quando questo certificato è arrivato, prima che mia madre me lo strappasse dalle mani, sono riuscita a leggere le mie generalità, il luogo e la data di nascita e il nome dell’ostetrica, Maria De Grazia. Prima di allora, io sapevo di chiamarmi semplicemente Lina».
Nonostante gli impedimenti, Pasqua non si arrende, continua a percorrere la sua strada alla ricerca della verità.
«Mia mamma adottiva – prosegue Pasqua – aveva un banco frutta a Sant’Anna di Palazzo, in vico Lungo Gelso, e io l’aiutavo. Un giorno, sfogliando la rubrica, notai che tra i nomi dei clienti c’era quello dell’ostetrica, Maria De Grazia, che fece partorire la mia mamma naturale. Annotai l’indirizzo e mi diressi con mio figlio Clemente che era piccolissimo a casa sua, nei pressi di via Roma. Fui accolta dal marito che mi invitò a entrare in casa per aspettare sua moglie che era al lavoro. Quando tornò, le chiesi di rivelarmi il nome di mia mamma, ma lei disse che non poteva perché si trattava di informazioni riservate. Mi disse solo che era una signora, una persona perbene e che quando ero nata mi aveva messo una catenina al collo, della quale ho solo dei vaghi ricordi, non l’ho più trovata. Non mi sono fermata, ho continuato le mie ricerche e sono andata all’Annunziata dove mi hanno risposto che, senza quella lettera ricevuta a 21 anni, non potevo fare nulla. Anche mio figlio Clemente ci è andato anni dopo, ma purtroppo la risposta è stata la stessa: senza quel famoso documento non è possibile accedere all’archivio».
Una fame di verità che non si è placata con il passare degli anni: Pasqua ha il desiderio di conoscere il suo passato e ha tutta l’intenzione di riuscirci.
«Ho trascorso un’intera vita – conclude Pasqua – alla ricerca delle mie origini. So benissimo che ormai i miei genitori non ci sono più e per qualcuno può sembrare inutile, arrivata a una certa età, conoscere l’identità di mia mamma e mio padre. Per me, invece, è molto importante sapere chi sono, a chi appartengo realmente. Spero che qualcuno che legga la mia storia possa aiutarmi in questa missione quasi impossibile e spero di riuscirci prima di chiudere gli occhi».
Donatella Alonzi
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