Fortuna violentata e lanciata dal terrazzo del Parco Verde di Caivano. Preso l’orco, indagato chi sapeva è ha taciuto
Il Parco Verde di Caivano è un posto di merda. Palazzoni anonimi dove anche i garage sono occupati e trasformati in “civili” abitazioni e dove si supera dell’ottanta per cento il limite dell’abitabilità. In quei palazzi ci sono infatti quasi seimila abitanti. Livello di scolarizzazione bassissimo e un grosso numero di famiglie che campano (perchè lì dentro anche dalla puzza non si vive) col traffico di droga. Eroina, cocaina, crack e hashish: due famiglie che si spartiscono gli affari e tanti ragazzini impegnati nella vendita diretta della droga, nella perlustrazione del territorio e quando occorre anche alle azioni di forza. I “grandi” nel Parco Verde sono quasi tutti in carcere. Spesso a gestire la vendita sono le mogli o le sorelle. Le mamme, qualche volta. E’ qui dentro che si è consumato uno dei fatti più brutti della nostra cronaca. Brutto perchè la violenza fa schifo e la violenza sui bambini non dovrebbe essere nemmeno pensata e brutto perchè un po’ tutti lì dentro sono colpevoli. In un posto di merda anche le reole del Sistema vengono meno e si finisce per diventare sordi e muti. Ciechi vicino alle evidenze, alle urla e auna scarpa rossa che dovrebbe far denunciare e invece andava nascosta.
“Lui la violentava, lei dava calci. Ho sentito il suo urlo”. Non sono stati gli adulti, chi sapeva e non ha parlato, ad aiutare gli inquirenti a fare luce sull’ uccisione, a soli 6 anni, di Fortuna Loffredo, lanciata nel vuoto dall’ottavo piano del palazzo dove abitava, il 24 giugno 2014. Sono state le sue amichette a raccontare la tragedia di Chicca, come veniva chiamata Fortuna, e mettere gli investigatori sulla giusta strada con le loro parole e i loro disegni, una volta allontanate dai magistrati dal degrado familiare in cui vivevano. Così è stato scoperto l’ “orco”. Secondo la Procura della Repubblica di Napoli Nord, a violentare e uccidere Chicca è stato un vicino di casa, Raimondo Caputo, di 43 anni, disoccupato e pluripregiudicato, già in carcere per abusi sessuali ai danni di un’altra bimba di tre anni, figlia della sua compagna. Fortuna venne uccisa perché si era rifiutata di subire l’ennesimo tentativo di violenza sessuale. Un “no” pagato con la vita. Raccapriccianti ma, secondo il gip, “assolutamente illuminanti e inoppugnabili” le informazioni raccolte nel corso di un colloquio con un’amichetta di Chicca, lo scorso mese di marzo, nella casa famiglia dove, insieme alle sorelline, era stata trasferita dopo l’allontanamento dalla mamma (anche lei accusata di violenza sessuale in concorso) e dal convivente di quest’ultima. Eloquente e dirimente, anche secondo una psicologa, è un disegno in cui la bimba raffigura l’orco, a cui dà un nome e un cognome, con delle strisce sul volto, assimilabili a dei serpenti.
Ieri, dopo che si è diffusa la notizia dell’arresto di Caputo, ignoti hanno dato fuoco con una bottiglia incendiaria a una delle finestre dell’abitazione di Caivano in cui la compagna dell’uomo sta scontando i domiciliari, in quanto ritenuta complice delle violenze ai danni delle figlie, per non aver mai denunciato nulla. “Da una parte sono soddisfatta per aver avuto giustizia – ha detto la mamma di Fortuna – dall’altra dico che quei due devono marcire in carcere”. Più duro il parere del segretario federale della Lega Nord Salvini, che ha definito il presunto pedofilo “un verme per cui la galera non basta: castrazione chimica e lavori forzati, fino alla fine dei suoi miseri giorni”. I magistrati aversani e i carabinieri si sono trovati di fronte un muro di omertà che ha protetto il 43enne e decisivo si è dimostrato il racconto dell’amichetta di Fortuna. “Raimondo e Chicca sono saliti all’ottavo piano, lui l’ha violentata, lei dava calci, poi l’ha buttata giù”.
Dall’inchiesta emerge poi il contesto sociale a Parco Verde assimilabile a un vero e proprio quadro dell’orrore: oltre a Caputo, nel corso delle indagini sulla morte della piccola Fortuna, gli inquirenti hanno accertato che anche altri quattro minori dello stesso stabile erano stati vittime di violenze, tanto che tra le fine del 2014 e l’inizio del 2015 un’altra coppia di inquilini era finita agli arresti per pedofilia; tra questi figurava Salvatore Mucci, colui che per primo soccorse Fortuna dopo il volo di otto piani.
Accanto a quella di Fortuna c’è una storia analoga, quella di Antonio Giglio, il bimbo di tre anni figlio della compagna dell’uomo arrestato, a cui, nel 2013, toccò la stessa fine di Fortuna: morto dopo un volo nel vuoto di decine di metri. I due episodi non sarebbero al momento collegati ma sviluppi potrebbero esserci nelle prossime settimane. E proprio il contesto ambientale ha complicato le indagini, tra depistaggi veri e propri e dichiarazioni inventate ad arte. Il primo episodio inquietante è la sparizione della scarpina di Fortuna, di cui si sarebbe resa responsabile, è emerso dalle indagini, l’inquilina dell’ottavo piano, la stessa che subito dopo il fatto negò di aver visto Caputo andare sul pianerottolo con la piccola.
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