Dall’ex convento alla vecchia villa del Boss. Ecco tutti gli ecomostri (ed equomostri) sotto il Vesuvio.
Ecomostri: scheletri di cemento abbandonati. Depositi di immondizia. Testimonianze di una politica cieca e poco, se non per nulla, lungimirante. Nelle loro ombre vi è l’assenza di luce delle amministrazioni pubbliche. Ecomostri di “equomostri”: governi locali di Destra e di Sinistra che hanno devastato col cemento il territorio vesuviano, “spogliandolo”, a tratti, della sua bellezza. Ecomostri di “equomostri”: sbagli della vecchia politica che si ripercuotono su quella nuova, incapace però di porre riparo agli errori del passato, dettati dalla logica della cementificazione selvaggia.
Ogni comune vesuviano ha il suo ecomostro simbolo: dallo “Scheletro” del Parco Europa di Pollena, al Mercato Coperto di Portici; dal Ponte di Via Semmola di Ercolano, all’Ex Fabbrica Indesit di San Giorgio a Cremano; dal bene confiscato alla camorra locale di San Sebastiano, al Convento delle Suore Carmelitane a confine tra Massa di Somma e Pollena Trocchia.
La lentezza della Burocrazia, le inchieste della Magistratura, i fallimenti di privati, la mancanza di idee e strumenti, non hanno permesso negli anni, e non permettono ancora oggi, il recupero di queste strutture, abbandonate ormai all’incuria e al totale degrado.
Una ferita così profonda nel comune di Pollena Trocchia, che ne permette di vederne l’ossatura: lo “Scheletro” del Parco Europa, o per meglio dire il Lotto 7 di via Guindazzi, rappresenta forse l’emblema degli ecomostri vesuviani. Situato in una zona considerata di “Periferia”, e costruita interamente ai sensi delle legge 167/72, con adozione del piano di zona di edilizia economica popolare, la “scheletrica palazzina” risulta incompiuta a causa dell’entrata in vigore della legge regionale 21/2003, che vieta la costruzione di edifici residenziali in quella che è denominata la Zona Rossa del Vesuvio. La nuova amministrazione di Francesco Pinto (al secondo mandato), in passato, ha dichiarato di pensare al completamento della parte tompagnata, i cui lavori sono antecedenti all’entrata della legge sul rischio Vesuvio; e al conseguente abbattimento dell’altra parte, priva dei muri perimetrali esterni, per cercare di dare una risposta al degrado in cui versa il prefabbricato; ma, ad oggi, niente è stato fatto per il recupero dello stabile.
Sempre nel comune di Pollena Trocchia, a confine con quello di Massa di Somma, l’ex Convento delle Suore Carmelitane erge imperioso sovrastando Via J.F. Kennedy e l’intero “Rione Micillo”. Comprato dall’ASL negli anni 90 (da una cordata di privati, pare, per un valore superiore a quello catastale) per diventare un organo continuativo dell’ospedale Apicella, il sito oggi è soltanto un rudere, di vaste dimensioni, abbandonato, circondato da un giardino tanto ampio quanto incolto.
Da casa lussuosa del boss Vollaro a oggetto di raid vandalici, dopo il tentativo sfumato di renderla presidio di legalità: per l’ex residenza di Luigi ‘o Califfo non è stata ancora trovata una destinazione d’uso, nonostante il consiglio comunale di San Sebastiano al Vesuvio (dove da anni si festeggia la festa della “Legalità”), a Luglio 2009, avesse annunciato, grazie ad un intervento congiunto tra Provincia e Amministrazione comunale, l’approvazione del finanziamento, volto a trasferire la caserma dei carabinieri locale nella dimora in cui, non tanto tempo fa, venivano decise le azioni criminose della famiglia malavitosa, per anni, egemone sul territorio del paese e Portici.
Proprio a Portici persiste da vent’anni un altro degli ecomostri simbolo del Vesuviano: il famoso “Mercato Coperto“. La struttura di via Arlotta, realizzata da decenni, e finora mai inaugurata. Spettro di cemento che certifica il degrado dell’area mercatale: il centro storico di Portici, una volta cuore pulsante della vita economica della città della Reggia, attualmente “zona di periferia” nonostante divida in due il comune vesuviano. Le tragiche condizioni in cui versa l’edificio, nei cui interni “regnano” magazzini sottoposti a sequestro, e cumuli di rifiuti, anche speciali, avevano spinto negli anni ad ipotizzare il parziale abbattimento della struttura, che ha beneficiato (ai sensi della legge 208/98) di un finanziamento CIPE di 3.098.741,39 euro, ridotto successivamente, a seguito dell’aggiudicazione dei lavori, a 2.664.861 euro. L’ipotesi dell’abbattimento è stata però accantonata per la possibile insorgenza di oneri nei confronti del CIPE, e di responsabilità per danno erariale. Da qui le varie manifestazioni d’interesse della Giunta Marrone che, però, non hanno portato a nessun risultato.
Sempre nel comune della Reggia, altre due opere incompiute, da anni, risultano completamente abbandonate: Il Museo del Mare e l’Ex fabbrica Kerasav. La prima, dopo esser stata oggetto di una travagliata vicenda che l’ha vista, prima, finanziata con fondi FAS, abbandonata dall’Arpac; quindi, oggetto di raid vandalici; e, poi, assegnata, più volte, “per pochi euro” ad una società titolare di un albergo ad ore a Giugliano; adesso è tornata di proprietà del comune che ne annuncia il riuso per finalità sociali.
La seconda, invece, di proprietà di una nota “famiglia camorristica“, così definita quella Sorrentino dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, con un provvedimento giudiziario del dicembre 2002, dopo esser stata acquistata dall’Amministrazione Spedaliere, per 18 miliardi di vecchie lire, è finita nel mirino della magistratura in un’inchiesta che avrebbe dovuto svelare l’intreccio tra politica e criminalità organizzata, e che ha portato nel 2002 allo scioglimento del consiglio comunale porticese. Inchiesta, però, che si è tradotta in un’assoluzione per tutti gli imputati, con un proscioglimento da parte della Corte di Cassazione.
Nel mirino della magistratura anche un’altra opera incompiuta, localizzata nel vicino comune di Ercolano: la Caserma dei Carabinieri, il cui cantiere è ormai chiuso dal mese di Aprile scorso, dopo lo scoppio della bufera giudiziaria che ha travolto molti ex amministratori e politici ercolanesi: tra cui l’ex primo cittadino Vincenzo Strazzullo, l’ex vice sindaco Antonello Cozzolino, l’ex presidente del consiglio comunale, Rory Oliviero, gli ex Assessori Nando Pirone e Salvatore Solaro, gli ex consiglieri Pasquale Romano e Raffaele Simeone, e addirittura la deputata, componente della Commissione Antimafia, Luisa Bossa. Le indagini riguardano i reati di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta, e, nello specifico, sarebbero puntate ad accertare il pagamento da parte del Comune di stati d’avanzamento dei lavori mai raggiunti.
Ancora ad Ercolano, il Ponte di Via Semmola, definito “della vergogna” per i lavori mal compiuti dalla società Autostrade, e per quelli mai realizzati dalla Gori, utili alla realizzazione di una rete fognaria, ha messo in ginocchio i cittadini della zona alta di Ercolano. L’avvocato Loredana Gargiulo, legale del comitato cittadino che lotta contro “lo scempio di cemento”, e neoeletta consigliera comunale del PD, si è detta più volte al lavoro per trovare al più presto una soluzione all’ecomostro della area Nord della città.
Spostandosi a San Giorgio a Cremano, un’altra costruzione in fase di incuria, degrado e abbandono, dettata però dal fallimento di privati, mina la bellezza del territorio vesuviano e l’incolumità dei residenti di Via Botteghelle: l’ex Fabbrica Indesit. Una recente ordinanza sindacale, disposta dal neosindaco Giorgio Zinno, ha imposto ai proprietari la messa in sicurezza dello stabile. A preoccupare l’amministrazione comunale è la caduta di intonaco gonfio e in fase di distacco dalla facciate prospicienti le strade pubbliche limitrofe; la presenza di vetri rotti posti sulla facciata di via Botteghelle; ed, infine, la fuoriuscita dai binari di alloggio dell’enorme cancello in ferro, posto a chiusura del varco di accesso. A breve, dovrebbe, dunque, essere parzialmente risolta una situazione che preoccupa gli abitanti della strada che collega l’hinterland vesuviano con la Periferia Est di Napoli.
Dario Striano
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