Al Piccolo Bellini di Napoli è di scena Muhammad Ali di Pino Carbone e Francesco Di Leva
Dal 18 al 23 febbraio in scena al Piccolo Bellini di Napoli, prendono vita frammenti dell’autobiografia del campione, una storia di battaglie per le differenze, di sfide per raggiungere il senso dell’impossibile: Muhammad Ali di Pino Carbone e Francesco Di Leva, con Francesco Di Leva, drammaturgia di Linda Dalisi, una produzione Nest. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allena- to, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato; un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.
Note di regia
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre.”
Incontrare Muhammad Ali, la nostra prima sfida, il nostro primo desiderio. Far av- venire questo incontro in uno spazio, in scena, con il pubblico che ci guarda, con le luci che ci illuminano. Un incontro da costruire, da immaginare come momento meraviglioso, perché impossibile.
“Ho lottato contro un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi, sbattuto in galera i tuoni. L’altra settimana ho ammazzato una roccia, ferito una pietra, spedito all’ospedale un mattone. Io mando in tilt la medicina.”
In scena proviamo a rincorrerlo, rincorrere lui, il suo personaggio, la sua impor- tanza, le sue parole irriverenti, veloci, in rima, pesanti, leggere, fondamentali. Rin- correre la sua vita, il suo carisma, la sua sicurezza. Rincorrere la sua velocità con la nostra velocità, la sua forza con la nostra forza, la sua infantilità con il nostro essere bambini, la sua icona con la nostra volontà. Rincorrerlo per affrontarlo, affrontare ogni suo aspetto: quello sportivo, quello politico e quello privato.
“Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me.”
“Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo.”
Abbiamo immaginato di scomporlo il suo corpo, pezzo per pezzo, con la stessa attenzione che richiede l’osservazione dell’avversario prima di un incontro. Con lo stesso interesse che merita il vincitore dopo un incontro, accostando ad ogni pezzo del suo corpo un aspetto della sua personalità. Ad ogni pezzo del suo corpo una sfida.
“Sono il re del mondo, sono carino, sono cattivo. Ho scosso il mondo, ho scosso il mondo, ho scosso il mondo!”
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