Opere d’arte dalle piante del Vesuvio e della Terra dei Fuochi: ecco la mostra “Fiori di fuoco-Testimoni delle ceneri” di Anaïs Tondeur
Opere d’arte frutto dell’osservazione di alcune comunità di piante che crescono spontaneamente in ambienti difficili – come i suoli vulcanici del Vesuvio e quelle aree della Campania denominate ‘Terra dei Fuochi’ – e che, a loro modo, contribuiscono a risanare il suolo aspirando gli inquinanti attraverso le loro radici e le loro fibre. L’artista francese Anaïs Tondeur (nella foto sono) ha lavorato, restituendo su carta e tessuti, l’impronta delle specie vegetali, attraverso il Fenolo, una molecola, che secondo alcuni botanici, viene prodotta in eccesso dalle piante nate e cresciute in terreni fortemente inquinati. Attraverso il gesto fotografico Tondeur raccoglie questa molecola in eccesso con un processo chiamato fitografia. Senza estrarre le piante dal loro terreno, si affida alla luce del sole per esporre i loro corpi e a una reazione chimica naturale tra le molecole fenoliche e la superficie fotosensibile – carta o tessuti raccolti dalle discariche e fotosensibilizzati alla luce – trasferendone così il segno. E’ questa la traccia della mostra ‘Fiori di fuoco -Testimoni delle ceneri’ di Anaïs Tondeur che sarà inaugurata domani a Napoli, alle 18 (resterà aperta fino al 12 aprile), nella spot Home Gallery di Cristina Ferraiuolo. In continuità con la sua serie Chernobyl Herbarium, intrecciando fotografia e ecologia, botanica e filosofia, l’artista francese volge la sua attenzione alle ‘piante ruderali’ che crescono in altri terreni estremi dell’Antropocene come le aree vulcaniche del Vesuvio e quelle aree della “Terra dei Fuochi”.
‘Fiori di Fuoco’ prende la forma di una corrispondenza, sottolineano gli organizzatori della mostra, “tra Anaïs Tondeur, il filosofo Michael Marder e alcune comunità di piante che già al tempo dei Romani, curavano l’uomo, prima dell’eruzione del Vesuvio, e che oggi contribuiscono alla guarigione dei suoli, contaminati dall’incenerimento e dalla sepoltura dei rifiuti tossici”. “Il progetto – afferma l’artista – si è sviluppato seguendo un approccio interdisciplinare, in stretta collaborazione con il filosofo ambientale Michael Marder, ed è stato accompagnato da incontri, per lo più sul campo, con abitanti dei luoghi e ricercatori, in particolare agronomi, botanici e archeo botanici. Questa pluralità di sguardi mi è sembrata essenziale per tentare di cogliere la complessità della storia ambientale della Terra dei Fuochi, segnata dalla convergenza tra criminalità organizzata e disinvestimento dei servizi statali.
Al di là della narrazione abituale dei media, ho cercato di intrecciare prospettive e conoscenze diverse sulla storia di questi luoghi, restituendo una memoria delle terre della regione attraverso un processo fotografico e filosofico condotto insieme alle piante ruderali che le abitano”.
In mostra saranno esposti più di 50 lavori, che raccolgono fotografie di frammenti di vite vegetali carbonizzate ritrovate durante gli scavi archeologici di Pompei e fitografie di piante che crescono in 9 località individuate sul territorio campano, tra zona vesuviana e le aree della “Terra dei Fuochi”, tra esse anche immagini di piante a cui il filosofo Michael Marder “ha indirizzato commoventi e potentissime lettere di cui saranno esposti alcuni frammenti”. Il percorso espositivo si completa di video, installazioni e materiale di ricerca raccolto in forma di diario di viaggio.
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