Precariato, riciclaggio e Camorra: “Questione di un attimo” di scena al teatro Diana di Portici

Questione di un attimo 2 (foto di Marco Ghidelli)

Una storia di precariato, riciclaggio e criminalità organizzata: alle ore 21 del 18 Gennaio, al teatro Don Peppe Diana di Portici, andrà in scena Questione di un Attimo, il nuovo lavoro di Emanuele Tirelli. Il drammaturgo campano ritorna nel suo paese natale, Portici, e al teatro di viale Tiziano a distanza di un anno dalla rappresentazione dell’altra sua opera, “L’incoronata”. Affidato alla regia di Roberto Solofria e all’interpretazione di Antimo Navarra, Questione di un attimo si concentra sulla storia del giornalista Francesco Miniato, sulle difficoltà del suo mestiere, e sulle ripercussioni sulla sua vita privata: protagonista e uomo come tanti, Miniato scopre il riciclaggio all’interno del centro commerciale abusivo, dove è costretto a lavorare per far quadrare i conti a fine mese. Il suo racconto presenta la parte più sincera e imbarazzante del proprio lavoro, e riserva molto spazio al riciclaggio e al reimpiego di danaro sporco in Italia. Uno spettacolo costruito su tematiche di forte implicazione con la realtà quotidiana, che racconta con profondo realismo tanto l’universo del precariato, quanto gli oscuri ambienti della criminalità organizzata: d’altronde Emanuele Tirelli, autore dell’inedito monologo teatrale, oltreché essere un drammaturgo e un narratore, è giornalista da oltre dieci anni, e ben conosce le difficoltà e gli ostacoli di questo mestiere, descritti abilmente con toni di denuncia e crudo realismo. Non casuale la location che ospiterà l’evento: il teatro in omaggio al prete casertano Don Peppe Diana, ammazzato il 4 Marzo 1994 dalla mafia di Casal di Principe, è sembrato il più appropriato per il ritorno al teatro civile e impegnato: uno spettacolo “dedicato a quanti credono ancora nella terra in cui vivono, a quanti si impegnano affinché le cose cambino, e a quanti ancora non sanno che le cose non cambieranno mai se resteremo tutti corruttibili”. La storia si presenta come un quadro che non vuole suggerire soluzioni e invocare risorgimenti. Vuole, invece, raccontare una circostanza scomoda e frequente, prendendo in prestito molti elementi dalla vita reale: elementi che, forse, proprio a causa della loro assurdità, potrebbero essere i primi ad apparire frutto dell’immaginazione. Quello che viene descritto non è un eroe, e forse non ha intenzione di diventarlo: “Mentre scrivevo Questione di un attimo -ha detto Emanuele Tirelli- ho fatto i conti con la necessità di raccontare una storia di giornalismo, precariato, riciclaggio e connivenze; e di immaginarla, poi, con un protagonista che portasse con sé tutti questi elementi. Che ne fosse invaso totalmente e quasi all’improvviso. Francesco Miniato non si prepara per eseguire capriole spericolate o mirabolanti colpi di testa, ma non vuol dire che la sua realtà non sia attraente e imbarazzante. Quello che è certo è che non si ritrova a vestire i panni dell’eroe. L’ho voluto così perché considerare un uomo “straordinario” è troppo spesso uno strumento per riconoscere una qualità negli altri, e procurare gratuitamente un alibi a se stessi. Le definizioni hanno un sorriso rassicurante. Concentrare parole, persone ed eventi in una cornice ben definita ci permette di restare in uno spazio delimitato e circoscritto, dove ogni cosa è già preventivamente classificata. Questione di un attimo si muove su questo concetto, cercando di raccontare quanto sia sottile e a volte inesistente questa linea di demarcazione».

Dario Striano

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