35 anni dopo, a Portici, la terra trema ancora

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A distanza di esattamente 35 anni dal terremoto che mise in ginocchio l’Irpinia, 12 famiglie porticesi continuano a vivere nei prefabbricati post-sisma di Via Scalea. Allestiti come alloggi provvisori per far fronte all’emergenza sisma, le piccole abitazioni avrebbero dovuto ospitare le famiglie terremotate per un tempo massimo di 5 anni. Tra promesse disattese, disagi, avvelenamenti, patologie respiratorie, finanziamenti stanziati e gare d’appalto bloccate, la terra a Portici è come se non avesse mai smesso di tremare.

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Una vita di precarietà nella Periferia di una città di appena 4km2, troppo lontana dalle frenetiche vie del centro cittadino e dal Granatello con le sue acque sante e con i suoi locali di movida. Una precarietà disagiata, ben visibile sin dal primo momento in cui si osserva il luogo in cui queste famiglie sono costrette a vivere dal 1980: una piazzola, sui cui marciapiedi scorrono le condutture dell’acqua potabile, oggetto, spesso in passato, del rosicchiare dei topi, coinquilini non graditi dell’area assieme alle numerose blatte: “Ormai – ci dicono alcuni dei residenti – abbiamo imparato a convivere con topi e blatte fuori le nostre abitazioni: troppo calde in Estate e troppo fredde in inverno. Ci vorrebbe una disinfestazione urgente. E pensare che da poco più di un anno le condizioni di vivibilità sono anche migliorate“.

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Soltanto nel Giugno 2014,  infatti, tramite un intervento dell’Assessorato all’Urbanistica, diretto dall’allora Assessora Stefania Caiazzo, si è provveduto all’abbattimento di alberi pericolanti, alla ristrutturazione delle casette (la facciata esterna) e alla rimozione dei tetti in lamiera ed eternit dai container: per 34 anni, dunque, i 12 nuclei famigliari sono stati costretti a vivere in scatolette di amianto, sovrastate da due imponenti alberi che mettevano a serio rischio l’incolumità dei residenti: “Ricordo – ci dice una signora del posto – che durante i lavori dello scorso anno la mia abitazione si allagò. Gli operai stavano, infatti, provvedendo alla rimozione del tetto dalla mia casetta, quando è sopraggiunto il nubifragio del 17 giugno. Non vi dico i danni. Fortunatamente l’Amministrazione ci ha dato una mano a ripararli“.

In questa casa siamo tutti malati di asma a causa dell’umidità, delle continue infiltrazioni d’acqua e delle temperature basse patite in Inverno. – ha continuato la signora – Tutti, o quasi, in questo spazio soffriamo di patologie respiratorie. E molta gente si è anche malata di tumore a causa dell’eternit che siamo stati costretti a respirare“.

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I container avrebbero dovuto ospitare le famiglie per pochi anni, in attesa della costruzione di 2 palazzine di edilizia residenziale, da realizzare nella zona di Via Dalbono: soltanto nel 2011 si è dato avvio però alla gara d’appalto per “la progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere di riqualificazione e completamento delle urbanizzazioni primarie e secondarie, con realizzazione di un parco urbano e di una piazza nel complesso di via Dalbono“; poi bloccata a causa dell’offerta presentata dalla società vincitrice dell’appalto, risultata essere anomala a causa di un ribasso troppo elevato.

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Una recente sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato ha, però, sbloccato l’annoso contenzioso e si spera che, a breve, le famiglie possano essere trasferite in alloggi più dignitosi: “Sono affezionata a questa casa; che col tempo con ingenti e costosi lavori ho sistemato e reso più vivibile. Sono affezionata anche all’atmosfera del luogo: ormai facciamo parte tutti di una piccola comunità. Di una grande famiglia. Non vorrei andare via da qua per poi trasferirmi in abitazioni popolari che non reputo assolutamente più dignitose. Ma è anche vero che non si può proprio vivere in queste condizioni…

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Intanto nella zona di Via Dalbono, proprio dove dovrebbero sorgere le 2 palazzine di edilizia popolare, regna il totale abbandono. Alle spalle degli edifici 6A e 6b, continuano a “stazionare”, in evidente stato di degrado, gli altri container allestiti come alloggi provvisori post sisma, e divenuti, poi, base di spaccio e luogo di ritrovo per tossicodipendenti.

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Nonostante il recente intervento di rimozione di eternit, disposto dall’Assessorato all’Ambiente, e coordinato dall’Assessora Annarita Formicola, l’area continua ad essere una discarica abusiva: escrementi (anche umani), siringhe, scheletri di automobili, sacchetti selvaggi e rifiuti vari fanno da cornice alla grigia periferia della “Portici di cemento”. In attesa di un serio intervento di bonifica e di riqualificazione: “A breve verrà sbloccata definitivamente la situazione che permetterà anche la riqualificazione dell’area di via Dalbono. – ha detto il sindaco Nicola Marrone -Dopo 35 anni riusciremo a destinare ai “terremotati” porticesi le abitazioni che gli spettano. Nel frattempo, nei prossimi giorni, avvieremo una disinfestazione a via Scalea per risolvere momentaneamente il problema di ratti e scarafaggi“.

 

Foto di Andrea Sarno

Servizio a cura di Dario Striano

 

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